UN PADRE SUFFICIENTEMENTE BUONO

UN PADRE SUFFICIENTEMENTE BUONO


In tutta Europa la paternità si sta evolvendo, muovendosi verso un modello nuovo in cui, accanto alla funzione regolativa, condivisa con la figura materna, si affiancano anche altre funzioni, ad esempio quella di accudimento e di cura.
Si tratta, però, di un cambiamento lento a causa di stereotipi e pregiudizi legati al ruolo di genere.


Il ruolo paterno è cambiato nel tempo
Nel secolo scorso il padre era una figura che in famiglia aveva il compito importantissimo di mantenere il legame con il mondo esterno, con la società; lo faceva attraverso il lavoro, fonte di sostentamento per l’intero nucleo, e simbolo di appartenenza sociale. La crescita dei figli era affidata prevalentemente alla figura materna, mentre il ruolo educativo del padre si limitava sostanzialmente a comandi e punizioni. I figli avevano paura del padre
che suscitava sensi di colpa e, spesso, era lontano affettivamente.
Oggi viviamo un momento storico e sociale del tutto nuovo e ricco di potenzialità interessanti per la figura del padre: l’autoritarismo ha perso legittimità e interesse, con la rivoluzione sociale degli anni settanta del novecento, e da allora i padri cercano di recuperare relazioni sincere, intime con i figli.
Il padre normativo ha lasciato il posto a quello affettivo. Il “nuovo padre” recupera una funzione antica, legata all’etimologia della parola “pater”, che in molte lingue europee richiama il concetto di recinto e dunque di protezione.
Dunque il padre rappresenta sia protezione, avvolgente e accattivante, ma pure limite e controllo.
Il modello vincente sembra essere quello del padre evolutivo, che accompagna il figlio nella crescita e cerca un modo propriamente “paterno” per aiutarli a crescere.
Secondo una ricerca del 2018, negli ultimi 50 anni i nuovi padri hanno triplicato il tempo trascorso con i figli, puntando tutto sulla qualità.
Oggi essere padri significa incrementare l’impegno nel lavoro familiare di circa mezz’ora al giorno. Questo cambiamento, però, non è generalizzato e omogeneo. Spesso riguarda le coppie più istruite, benestanti, giovani e che risiedono in zone urbane o in cui entrambi i genitori lavorano. In condizioni diverse permangono gli stereotipi di genere a base culturale e tradizionale a condizionare le scelte di genitorialità, non solo a livello personale, ma anche a livello sociale, nei luoghi di vita e di lavoro.
La differenza tra i ruoli paterno e materno genera il conflitto
necessario al bambino e alla bambina per crescere, ecco
perché entrambi sono necessari e fondamentali in un
percorso educativo.


Il cambiamento comincia dall’organismo
Per diventare papà, l’uomo comincia a coinvolgersi fin dalle prime settimane di gravidanza nel percorso che vedrà nascere il suo bambino. Mentre la mamma lo fa crescere nel proprio corpo, il papà lo accoglie nel proprio cuore e nella propria mente, generandolo in uno spazio interiore; allo stesso tempo prende contatto anche con le trasformazioni che avvengono dentro di sé e che lo preparano a diventare genitore; perché è la nascita di un figlio che fa nascere il genitore.
Accompagnando la futura mamma e condividendo con lei il percorso di preparazione alla nascita, il futuro padre impara a costruire la propria nuova identità genitoriale.
La ricerca scientifica ha rivelato che, con l’ingresso in sala parto e la partecipazione alla nascita del proprio figlio/a, il cervello di un uomo vive una potente trasformazione di natura neurobiochimica e intrapsichica che tende a mantenersi e consolidarsi nelle giornate e settimane seguenti.
Quanto più il papà resta presente sulla scena famigliare, disponibile all’accudimento del proprio neonato e sostenendo la neomamma nel periodo neonatale, tanto più il suo sistema nervoso centrale aumenta la produzione di ormoni che facilitano l’accudimento tenero e affettuoso.
E’ come se l’interazione precoce tra il papà e il suo neonato, lo spingesse verso la ricerca di una vicinanza intima e tenera con lui: stare lì, dove c’è il proprio figlio, instaurare con lui una relazione sin dai primi istanti.
Tra l’altro, le ricerche evidenziano che il padre coinvolto e presente nelle prime settimane di vita del proprio figlio è uno straordinario stabilizzatore emotivo della neo-mamma, permettendole di attraversare più facilmente l’ansia e la paura associate ai nuovi compiti di accudimento, favorendo l’attaccamento e l’allattamento tra lei e il neonato e riducendo il suo rischio di depressione post partum.


La strada da uomo a padre
Che cosa fa, di un uomo, un padre sufficientemente buono?
È una domanda fondamentale su cui un papà lavora nella sua interiorità, ma è un interrogativo che richiama l’attenzione di tutti coloro che gli stanno intorno.
La presenza del padre nella vita dei propri figli e figlie non può essere regolata con l’interruttore, a seconda del bisogno. Il padre non è “l’aiutante della mamma”.
La paternità si vive e si esprime all’interno di un progetto di vita, che arricchisce la persona, e di un progetto educativo, che segna la scelta di credere in un futuro condiviso.
Responsabilità, coinvolgimento e responsività sono caratteristiche che costruiscono relazioni di qualità e fanno di un uomo un padre sufficientemente buono.
Inizialmente alcuni uomini faticano a farsi coinvolgere in compiti di cura, soprattutto coloro che nella loro esperienza non hanno ricevuto strumenti adeguati o cui è mancato l’esempio o che interpretano ogni tipo di accudimento amorevole come una perdita di mascolinità o di ruolo.
La “trasformazione” da uomo a padre non può prescindere dal passaggio da un modello di uomo “tutto d’un pezzo” ad uno capace di esprimere liberamente i sentimenti e, in particolare, di manifestare tenerezza. Paterno e maschile si modificano a vicenda e una nuova concezione di virilità e mascolinità influenza un nuovo modo di essere padre.
La disponibilità emotiva dei nuovi padri permette il generarsi di una connessione profonda con i figli, egli diviene una risorsa su cui fare affidamento in ogni momento di bisogno e difficoltà. Una figura che può dare regole, limiti e aiuto per imparare a tollerare la frustrazione, ma che al tempo stesso sa come intervenire per confortare la tristezza e affrontare la paura, per sopravvivere a una sconfitta o riparare un errore. E’ nella disponibilità emotiva che i nuovi padri aiutano un figlio a comprendere il proprio sbaglio (e a ripararlo) senza però indurgli la percezione di essere lui stesso “sbagliato”.


Effetti del padre evolutivo
Una ricerca condotta dall’Università di Leeds, sostiene che i padri hanno “un effetto unico e importante” sui risultati scolastici dei bambini e spiega come i padri che leggono, giocano, cantano e disegnano con i loro figli, anche solo 10 minuti al giorno, danno un vantaggio educativo ai bambini durante la scuola primaria.
Inoltre un padre che si coinvolge in fase precoce nella vita del proprio bambino, diventa un padre efficace e autorevole anche in tutte le successive fasi dell’età evolutiva.
L’adolescenza dei figli è più protetta dal rischio di comportamenti devianti e meno soggetta a forme di disagio emotivo e psicologico se il padre rimane sulla scena della loro crescita, mescolando le tre dimensioni alla radice del suo ruolo e funzioni: responsabilità, disponibilità emotiva e coinvolgimento attivo.
La fatica è quella di accettare una giusta distanza coi figli che sia educativa: non siamo i loro amici, siamo le loro guide. Riuscire a sostenere la conflittualità che nasce dall’essere genitori, permette ai nostri figli di tirare fuori le loro risorse e cavarsela nella vita.


«Non ti impedisco di fare da solo, di metterti alla prova, di
rischiare per testare le tue potenzialità, e nei tuoi tentativi ti
sto vicino, sono dalla tua parte, ti mostro che fallire è
umano e possibile, ma che è anche altrettanto possibile
provare a farcela».


Fonti

  • Maurizio Quilici, La rivoluzione dei padri, in “PADRI CHE CAMBIANO 1° RAPPORTO SULLA
    PATERNITÁ IN ITALIA” MARZO 2017
  • Alberto Pellai, I PADRI SONO CAMBIATI: COME E PERCHE’ I PADRI DI OGGI VOGLIONO
    ESSERE AUTOREVOLI MA NON AUTORITARI